Italia Oggi

La santità in Curva Fiesole. Parrebbe irrispettoso, quasi blasfemo, accostare un concetto proprio della religiosità di molti a uno stadio di calcio. E invece questa storia tiene perfettamente insieme mondi che paiono lontanissimi. Succede che, sabato scorso, gli ultrà della Fiorentina, durante la partita casalinga col Napoli, inalberino uno striscione. Nessuna polemica coi sostenitori avversari, come purtroppo talvolta accade, ma solo una scritta rossa: «Ciao Cate». E sotto, un'altra scritta: «Johnny siamo con te». Cate era Caterina Morelli, una donna di 37 anni, una giovane madre di una bambina e un bambino, la moglie amatissima di Jonata, appunto. Il verbo è al passato perché, due giorni prima, nel cuore della notte, era morta, dopo una lunga malattia.

Cate e Jonata hanno una storia particolare: soprattutto all'inizio, a far da corollario al loro amore, c'era appunto una straordinaria passione per la Fiorentina: i canti, i cori, le bandiere, la curva. Amore che si materializza in Gaia, la loro bimba, ancor prima che possano convolare a nozze. A giugno del 2012, Cate e Jonata si sposano e, dopo poco tempo, arriva la notizia di un'altra gravidanza. Ancora pochi giorni e, però, di notizia ne arriva un'altra, quella di una malattia dura e difficile: un tumore al seno.

Cate si è laureata in medicina, si vuole specializzare in Chirurgia pediatrica, sua grande passione, e sa bene che il suo carcinoma, esteso e aggressivo, deve essere affrontato con chemio e radioterapia, in dosi massicce.

Ma Cate sa anche, per averlo studiato, che quelle radiazioni e quei preparati chemioterapici possono nuocere a Giacomo, il bimbo che porta in grembo e per il quale hanno già scelto il nome. E Cate dice che no, che suo figlio deve venire al mondo e poi si vedrà.

Si vedrà che Giacomo nasce, in questi giorni di sei anni fa, si vedrà che lei si specializza e che tutto pare andare per il meglio.

Pare. Perché due anni dopo, la malattia presenta un conto durissimo: attaccato il fegato, quindi il polmone, quindi le ossa.

Pare che sia finita. Pare. Ma Cate, chi la ferma? Con Jonata, sì Jonata l'ultrà, diventano il centro di tanti affetti e di tante amicizie, perché la loro consapevolezza e per la loro fede stupisce tutti.

Perché Cate, cresciuta in Comunione e liberazione, irradia in tutti quelli che la incontrano un sentimento profondo che permette di guardare le cose di tutti giorni ma anche la tragedia di una malattia, con una modalità che evoca una parola in grado di scandalizzare: letizia. Perché lei e Jonata e i loro bambini, dentro quello che per molti potrebbe diventare un buco nero esistenziale, si trasformano in una fonte inesauribile di bene per altri che soffrono, di malattie ma anche di difficoltà economiche, di mancanza di lavoro e, perché no, di fede. Accolgono anche chi, attraversando dure crisi coniugali, va a incontrare questa coppia che vive pienamente il proprio matrimonio, malgrado la minaccia di una tragedia imminente.

Accorrono in tanti a contemplare il miracolo della loro forza, della loro serenità, del loro modo di affrontare la paura. Perché Caterina è una donna, una mamma, un medico e sa bene cosa sta per accadere, anche se non si stanca mai di chiedere al Dio, che ha incontrato e vissuto nei genitori e negli amici, il miracolo della guarigione. E quello che doveva accadere, accade, mentre l'alba di venerdì è ancora lontana e la sua casa popolata di amici. L'indomani, per il suo funerale, la grande Basilica dell'Annunziata, santuario caro a fiorentini da molti secoli e anche a lei da sempre, è stracolma. Anche di quelli che, la sera stessa, sarebbero comunque andati allo stadio, a innalzare lo striscione «Ciao Cate». Ecco spiegato perché può accadere che la santità c'entri col pallone. E con tutti noi.



"Il più grande dono che Dio ti può fare è darti la forza di accettare qualsiasi cosa Egli ti mandi e la volontà di restituirGli qualsiasi cosa Egli ti chieda"

Madre Teresa di Calcutta